La tecnologia al servizio dell’autorità giudiziaria

Oggi vi presento un intervento dell’avv. Monica Ladisa, laureata in giurisprudenza ed abilitata alla professione forense. Appassionata di computer da bambina, il suo primo computer è stato il vic20, che ancora possiede. La tecnologia la affascina molto e con l’informatica giuridica ha la possibilità di combinare le sue due grandi passioni.

Dal 26 gennaio 2018 è entrato in vigore il decreto legislativo del 29 dicembre 2017 numero 216 che apporta importanti modifiche al codice di procedura penale per quanto riguarda le intercettazioni telefoniche e telematiche.

Il decreto prevede la possibilità di attuare le intercettazioni mediante l’inserimento di un cosiddetto captatore informatico su dispositivo elettronico portatile.

Le tecniche investigative ormai possono contare su tecnologie sempre più avanzate ed in questo caso il legislatore ha consentito e regolamentato l’utilizzo di software di accesso remoto a dispositivi elettronici.

Dalla lettura del decreto emerge che l’ambito di applicazione è quello relativo ai dispositivi elettronici portatili ossia i telefoni cellullari. Infatti la terminologia utilizzata è quella di intercettazione tramite l’attivazione remota del microfono e non per l’accesso ai dati ivi contenuti.

La novità legislativa fornisce un ulteriore strumento investigativo alle forze dell’ordine oltre all’intercettazione “dei flussi di comunicazioni tra più sistemi” già previsto dal codice di procedura penale.

Quindi in aggiunta ai sistemi informatici e telematici anche i telefoni cellullari saranno controllati ma non solo tramite l’intercettazione delle telefonate ma attraverso l’attivazione remota dei microfoni di cui tutti gli apparecchi sono dotati.

L’autorità giudiziaria potrà, pertanto, ascoltare qualsiasi conversazione non solo quelle telefoniche.

Ovviamente il legislatore ha previsto imponenti misure per garantire un adeguato bilanciamento tra la privacy e le esigenze investigative.

In primis i reati per cui tale misura può essere attuata sono elencati tassativamente nell’art. 266 c.p.p. ed attengono a fattispecie particolarmente gravi.

Inoltre l’utilizzo del captatore informatico deve essere autorizzato dal giudice con decreto motivato basato sul fondato sospetto di svolgimento di attività criminosa.

La legge in esame prevede un rinvio ad un successivo decreto del Ministero della Giustizia in cui verranno stabiliti i requisiti tecnici dei software da utilizzare.

Sarebbe interessante a tal proposito capire come il captatore possa essere installato sui dispositivi senza destare sospetti.

L’accesso fisico al dispositivo, al fine di installare il software, credo sia di difficile realizzazione, quindi, sarebbe necessaria una sorta di collaborazione involontaria del sospettato.

Forse si potrebbe installare il programma sfruttando vulnerabilità tenute appositamente nascoste (come ha già fatto l’agenzia NSA americana) oppure tramite link contenuti in mail o sms o altro capaci di installare software all’insaputa dell’utente.

Quindi, cliccando su un banner pubblicitario potremmo abbonarci ad un fantastico servizio settimanale di oroscopo via sms o fornire l’accesso al nostro microfono all’autorità giudiziaria. Sinceramente non so cosa sia meglio.